tra fioretini

LA STORIA DEI TRAM FIORENTINI
 
 
LA FINE DEL TRAM A FIRENZE

Agli inizi degli anni cinquanta il trasporto pubblico fiorentino era ancora affidato in gran parte al tram. La rete, che aveva raggiunto la sua massima espansione negli anni trenta (circa 210 km) aveva in realtà subito i primi tagli già prima della Seconda Guerra Mondiale: nel 1936 era stato soppresso l’itinerario

Via Calzaioli – Piazza della Signoria (il vero centro della città) e con l’apertura delle prime filovie 7 e 9 erano state eliminate le linee per Fiesole e Settignano. La vasta rete di tranvie interurbane a vapore era scomparsa definitivamente nel 1935.

Nondimeno, dopo la fine del conflitto, le prospettive di un’imminente modernizzazione del sistema tranviario, danneggiato in modo consistente, ma non irreparabile durante la guerra, sembravano buone.

Il binario venne prontamente reinstallato sul primo ponte ricostruito sull’Arno, il Ponte San Niccolò (1948), e successivamente sul Ponte della Vittoria, abitualmente definito dai fiorentini Ponte alla Vittoria (1950), ed infine sul Ponte alla Carraia (1952).

Da Viareggio arrivarono alcune vetture, che vennero ricostruite nelle officine aziendali, e si provvide altresì a dotare di nuove casse alcune motrici Radiax, sulla falsariga delle vetture già ricostruite ed entrare in servizio nel 1943.  Si ebbe così a disposizione un buon numero di tram monodirezionali di apparenza moderna, dotati di porte pneumatiche e di interni più ampi e confortevoli sia per i passeggeri sia per il personale di guida, che poterono però trovare impiego solo sulle linee 1 e 17, dotate la prima di triangolo di inversione e la seconda di anelli di ritorno, e sulla circolare 19.

Per qualche anno si parlò di acquistare nuove vetture a carrelli, che a Firenze non avevano mai circolato, (con l’unica eccezione della Peter-Witt torinese nel 1936: fece in tempo a raggiungere in prova sulla linea 1 il capolinea di Piazza Signoria, poco prima della sua chiusura). Si parlò di un primo lotto di 22 vetture, scese poi a 7, ma la cosa non ebbe seguito: il traffico progressivamente crescente, la necessità di estesi interventi sugli impianti fissi, la disponibilità sul mercato di nuovi modelli di autobus e di filobus ed il clima di generale sfavore nei confronti del trasporto su sede fissa portarono infine, nei primi anni ’50, alla decisione di eliminare totalmente il tram dalle strade di Firenze.

L’agonia del sistema tranviario fu rapida: si passò dalle 239 vetture del 1951 alle 212 del 1955 per scendere bruscamente alle 80 del gennaio 1958, anno della chiusura.

Firenze una delle prime grandi città italiane ad avere eliminato il tram dalle sue strade, e di questa decisione andò fiera per molti anni.
 
 

 

STATO DELLA RETE E DEL MATERIALE ROTABILE

Oggi si riconosce, giustamente, che la decisione di sopprimere il servizio tranviario si è rivelata un errore; bisogna tuttavia ammettere che a Firenze, al contrario che in altre città italiane, non esistevano le condizioni di base per mantenere in esercizio la rete tranviaria così come allora era strutturata

L’impostazione della rete risaliva alla fine del XIX secolo: tutte le linee presentavano numerosi tratti a binario unico, anche su strade relativamente larghe, che ovviamente, con l’aumentare del traffico privato, costringevano i tram a pericolose marce in contromano, sia in centro che in periferia.

Particolarmente difficile era la situazione in cui venivano a trovarsi i tram delle linee extraurbane per il Galluzzo e Tavarnuzze, transitanti sulla Via Cassia, unica arteria di collegamento con Roma ed il Sud.

In città la mancanza di corsie riservate e sedi proprie era pressoché totale. L’unica rilevante eccezione era costituita dalla linea del Viale dei Colli, la storica linea 13, dotata di una lunga sede riservata per quasi tutto il percorso collinare, anche se a binario unico; i raddoppi sono ancora oggi facilmente individuabili lungo il controviale esterno.

Per contro, la manutenzione degli impianti fissi rimase sempre eccellente, anche a rete già condannata, e parimenti eccellente era la pavimentazione delle strade percorse del tram. Vale la pena di aggiungere che alcuni percorsi erano di eccezionale fascino, in particolare quelli per Porta Romana e Porta San Frediano, che traversavano il cuore pulsante della Firenze più autentica. Di pari fascino, fino alla chiusura delle linee 14, 15 e 34, era il percorso per Via dell’Agnolo e Via Ghibellina, nel cuore dell’antico quartiere di Santa Croce.

Quanto al materiale rotabile, composto ancora in gran parte da vetture a due assi non ricostruite, la sua vetustà e la sua scomodità, sia per i passeggeri che per il “personale di condotta”, come allora si diceva, facevano sì che quest’ultimo ne reclamasse sempre più insistentemente la sostituzione: i tram, nella loro versione originale, non erano dotati di cabine di guida, ed il manovratore spesso non aveva neppure un sedile a propria disposizione.

Le motrici ricostruite erano certamente molto più comode per passeggeri e personale di bordo, ma il loro impiego era giocoforza limitato dall’inadeguatezza della rete, ed esse erano in ogni modo altrettanto lente delle vecchie.

D’altro canto, come già ho avuto modo di scrivere, i tram di Firenze erano di una robustezza a tutta prova: riuscivano a trainare anche due rimorchi a pieno carico senza apparenti difficoltà ed a percorrere senza incertezze le ripide salite del Poggio Imperiale e del Viale dei Colli; per quanto mi ricordi, non ne ho mai vista una in panne. Va anche detto che, come per gli impianti fissi, la loro manutenzione è stata impeccabile fino all’ultimo giorno: nonostante l’intensa utilizzazione, le vetture erano sempre molto pulite, le luci interne ed esterne funzionavano perfettamente, la verniciatura non presentava il minimo graffi
 sto raccontando una storia che parla dei primi tram a Firenze che risalgono ai primi anni 50  
 il massimo periodo di serevizio
  fu dopo la guerra
io marco ho scoperto come era il trasporto pubblico a firenze


 

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